venerdì 24 luglio 2009

VIAGGI PRE-FERIALI n°2 - Trasloco Edurne e Pamplona.

Come avete letto nel post precedente, Edurne decide di lasciare Valencia e tornare a Pamplona. In un occasione durante la primavera, le avevo suggerito di affittare un furgone per trasportare la bici e le mille cianfrusaglie che solo una donna può accumulare in 4 anni. Nel caso avessi avuto tempo, avrei guidato io fino a Pamplona, così da restare qualche giorno in S.Fermin. Nelle settimane la situazione si complica: mi incastro con gli esami e i biglietti già comprati, ho il mio trasloco da fare e al viaggio si aggiunge Marianna, l'amica intima di Edurne. Cerco fin da ultimo di ritirarmi dalla mia proposta. C'ero quasi riuscito, fino a quando il noleggiatore d'auto sbaglia: affitta ad Edurne un furgone Jumpy, al posto di una Berlingo. Marianna ha la patente da solo 3 mesi, si rifiuta di condurre il furgone. Sotto prestito per il mio trasloco, decido di portare io le donne a Pamplona. Tornerò dopo due giorni in autobus, ho gli esami e non posso godermi S.Fermin.


Venerdì 2 Luglio finisco con una gran sudata il mio trasloco. Dopo aver discusso con i proprietari sulla pulizia, sabato usciamo tutti dal piso. Pierre inizia il suo nomadismo negli appartamenti degli amici; Io, Edurne e Marianna il nostro viaggio verso Pamplona.

Non si inizia bene, dopo 3 chilometri rischio di fare un incidente. Mi spiego: nella periferia di Valencia di sono grandi rotonde con ampie entrate ed uscite. L'entrata alla rotonda è composta da 4/5 carreggiate, se ti introduci nella rotonda dalle prime carreggiate sulla sinistra, indichi ai colleghi automobilisti che non proseguirai alla prima uscita (salida), ma continuerai all'interno della rotonda. L'inverso se entri da una carreggiata sulla destra, esterna: indichi agli altri automobilisti che svolterai subito sulla destra per uscire. Bene, con questa premessa, mi ero fermato sulla penultima carreggiata destra nell'entrata della rotonda che porta a Barcellona. Eravamo fermi al semaforo (l'entrate sono regolate da semafori), in prima fila, alla mia destra avevo un'altra auto. Scatta il verde, partiamo; io comincio a spostarmi sulla destra per uscire, l'auto accanto a me (quindi più vicino all'uscita) si muove a sinistra per continuare nella rotonda. I mezzi si sfiorano fino quasi a toccarsi; Marianna, seduta vicino al finestrino, urla dallo spavento. Mi allontano, e perduta ormai l'occasione d'uscire, ci ritroviamo al semaforo nel mezzo della rotonda con l'imbecille al lato. Iniziamo a discutere, io poco, ero lontano; ma le due donne erano infuriate per lo spavento. Quando riparto sono nella metà esterna della rotonda, ma devo continuare a sinistra nella rotonda per ritrovare l'uscita esatta; le macchine mi suonano a riprova della regola generale.

Il viaggio continua nell'autostrada (autopista) per Barcellona, dove si palesa un errore clamoroso: non aver studiato il percorso, lasciando tutto in mano alle donne.

Io:”Edurne? Dove andiamo?”
Edurne: “Per Turuel, poi Zaragoza e infine Pamplona”
I: ”Ok, ma la deviazione dove sta?”
E: “Non lo so, per Pamplona ho sempre viaggiato di notte, la deviazione non l'ho mai vista!”
I: “Ah, bene”
Marianna: “Si dai, quella deviazione dove dopo si incontrano i peines
I: “Si, posso aver capito, ma i pettini si trovano dopo, io come so quale è la deviazione?”
E: “Boh, sarà questa...esci!”
I: “Segura?”
E: “Si, ti dico!”

Persi.

Ci ritroviamo nel mezzo della campagna valenziana, fra i paeselli chiediamo a due benzinai. Dopo mezz'ora siamo nuovamente in strada. Ci aspettava un viaggio di circa 5 ore.

Edurne: “Allora, il viaggio è lungo e stancante, ogni 45/60 minuti ci fermiamo”
Marianna: “Ok”
Io: “No assolutamente! Guido io, e decido io quando fermarmi. Ovvero, quando a me scoppierà la vescica. Quindi la reggete (Entonces, la aguantaìs)”
Regola del viaggiatore di furia: meno ci si ferma, prima si arriva.

Il viaggio prosegue nel paesaggio tipico spagnolo: secco, cespuglioso, con pochi alberi e un po' siciliano.
Usciamo per pranzare con i panini portati da casa, rientrando troviamo una grande fabbrica di prosciutti (Jamones) con museo e statua gigante. Capisco da indagini successive che siamo nella zona di produzione del famoso Jamon DOCG di Teruel (http://www.jamondeteruel.com/ultimasnoticias.php)

Viaggiamo tranquilli fino alla provincia di Navarra, ora il paesaggio è simile al laziale.
Al casello dell'autostrada di Navarra c'è la Guardia Civil (i carabinieri). Sono dopo il casello, in posto di blocco, ci stanno guardando mentre prendiamo il biglietto. S.Fermino attira molto “traffico”, stanno controllando tutti i furgoni, quindi anche il nostro. Ci fermano.

Polizia: “Buenas Tardes, puedes bajar por favor
IO: “Claro que si
P: “Devo controllarla addosso, quindi adesso segua le mie istruzioni senza opporre resistenza!” GULP!
Si mette i guanti

P: ”Adesso tiri fuori tutto ciò che ha in tasca e lo lasci in questa vaschetta”
Inizio a svuotare le mie tasche piene, ho molti fazzoletti usati, nell'occasione li getto nel cestino.
P: “Ok, ma non perdiamo tempo. Via, allarghi le braccia”
Mi controlla.
P: “Adesso devo controllarla sotto i pantaloni. Si tiri in alto i pantaloni”
Mi controlla “los cojones”.
P: “Adesso, si sieda e si levi le scarpe”
Mi controlla le scarpe e fra i diti dei piedi.
P:”Bene adesso si può rivestire”

Intanto avevano controllato solo le borse alle ragazze, non potevano toccarle in assenza di agenti donna. Si permettono anche di curiosare nel cassone del furgone. Ma la confusione dei cartoni da "femmine disordinate" li fa subito desistere. Ci comandano che possiamo ripartire. Saliamo a bordo, e durante le manovre per riportarmi in carreggiata, mi accorgo che le guardie stavano smontando la furgonetta di due rastoni. I ragazzi, tirati fuori i panini, aspettavano pazienti sotto l'ombra di un ombrellone incastrato nel montante di un guard-rail.

Continuiamo il nostro viaggio sulla autopista de Navarra. La percorriamo tutta fino al casello finale. Dove, mentre pagavamo, notiamo che la Guardia Civil fuori del casello stava facendo altri controlli. Ovviamente, appena si accorgono di noi, ci fermano. Ormai siamo abbonati.
Già scocciato dal controllo precedente, saluto rapido l'agente e lo informo del nostro precedente controllo. Lui accenna di aver capito, grugna due parole all'auricolare e dopo qualche istante ci da segno di proseguire.

Arriviamo senza altri intoppi a Pamplona dove i genitori di Edurne ci accolgono. La sera ceniamo con tartine (pinchos) e vino di Rioja. La mattina della domenica viene passata da turisti in una Pamplona fremente per la imminente festa di S.Fermin. Tutto il paese è pronto per accogliere mandrie di tori e ubriachi.

Interessante la situazione che si presenta a pranzo. Siamo invitati all "società" del padre di Edurne. Da 25 anni un gruppo di amici affitta una cucina e lo stanzone adiacente per poter organizzare convivi pantagruelici. Come è da immaginarsi, i giorni di S.Fermino sono l'apice della stagione gioviale. Infatti, sono già preparati 150 litri di sangria (divisa in 3 bidoni) da offrire all gole assetate dei turisti stranieri (guiris). Invece, in forno sta cuocendo il pranzo: un maialino da latte e un agnello di Burgos.

La sera alle 22 salgo sull'autobus del ritorno. Nel viaggio scrivo al computer i miei esami e trattengo in respiro per sopportare il puzzo di vomito dei vari viaggianti nauseati. Arrivo a Valencia alle 4:00, entrato in casa mi aspetta una sgradita distrazione: il letto da fare.

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domenica 19 luglio 2009

PRIMO TRASLOCO

Durante la primavera, la mia compagna d'appartamento Edurne va in crisi esistenziale: decide di abbandonare Valencia, e di tornare a casa dei genitori a Pamplona. Sarebbe uscita dall'appartamento Con la fine degli esami di giugno. Con lei, uscirà Pierre per trasferirsi in Chile. Quindi insieme a me sarebbe rimasto Brice, al quale però restavano solo due mesi di Erasmus. L'idea sarebbe stata quella di passare il contratto d'affitto (alquiler) a me. Ma mi ritiro: troppo difficile condividere (compartir) un appartamento di 4 camere. Tirare fuori 800€ al mese è duro e rischioso e la soluzione di sfruttare gli Erasmus mi disgusta. Capisco gli Erasmus: giocare mesi di studio all'estero, divertendosi, ma con la paura di tornare in patria con un pugno di mosche. Però i ragazzi hanno 21 anni, solitamente sono poco ordinati e vanno poco d'accordo con i lavoratori ventissettenni. Decisione: cambio casa.

Cerco un appartamento condiviso (piso compartido) durante il mese di giugno. La zona da me battuta è la stessa dell'appartamento vecchio, zona abbastanza vicina all'università e al mare. A causa dei corsi ho poco tempo a disposizione, inoltre i pochi appartamenti che visito non mi piacciono. Fino a che la mia compagna di lavoro Jana non mi chiede di condividere casa con lei e la sua canina (perrita). Accetto. Cominciamo quindi a cercare un appartamento grande a sufficienza e con terrazzo per il cane. Infine, troviamo l'appartamento dove sto adesso. Due camere con balcone, grande corridoio, un bagno, cucina, salone e ripostiglio (forse 3° camera). L'appartamento è situato in centro, più lontano dall'università rispetto al vecchio; ma cambiare non mi spiace. Tuttavia, è ancora abitato dai vecchi inquilini, i quali usciranno l'ultima settimana di giugno portandosi via tutti i mobili. Il fatto che l'appartamento non si ammobiliato mi preoccupa. Però, la mia futura compagna ha la soluzione: si farà inviare i mobili da Maiorca, la madre del suo ragazzo gli colleziona (?). Ok, ma dovevo comunque procurami un letto e un materasso.


L'ultima settimana del mese è una guerra: comincio a impacchettare, ma devo anche lavorare con il mio cooperante venuto per una settimana dall'Olanda e, se possibile, studiare. Arriviamo a venerdì, inizio il trasloco con il furgone (furgoneta) affittato da Edurne: una sudata incredibile. Siamo al 2 Luglio e il caldo mi fa sciogliere nel sudore. Ma ancora non ho finito, devo andare a comprare il materasso. Compro 300€ di materasso e rete. Arrivato all'appartamento riesco bene a trasportare il materasso per le scale, ma la base (150 x 190) si incastra nelle scale. Fortunatamente vengo aiutato da un coinquilino. Sabato 3 usciamo definitivamente dall'appartamento, non prima di aver discusso con i proprietari sorpresi dello stato della casa dopo 4 anni che non si facevano vedere.

Ma non mi dirigo alla mia nuova casa, bensì a Pamplona. Torno lunedì mattina alle 6 e scopro che:

  1. il cesso si muove, e l'acqua esce dallo sciacquone

  2. Un rubinetto in bagno è intasato

  3. il boiler perde.

  4. Il rubinetto in cucina non è strinto.

  5. Il frigo fa acqua.

  6. Ci sono alcune mattonelle che possono essere tolte e si muovono quando ci cammino sopra.


Al mattino ne parlo a Jana. Lei ancora non si è spostata, dobbiamo ancora firmare il contratto e se tutto non sarà apposto lei non firmerà. Chiamo la proprietaria la quale non sapeva nulla di tutto ciò. In sostanza, passo 2 settimane senza potermi fare la doccia in casa, fino a che terminati gli esami di dottorato, non prendo in mano la situazione (lasciata precedentemente alle due donne) e organizzo l'intervento degli idraulici.

Ma le sorprese non sono finite. Giovedì arrivano due idraulici messicani, tirano fuori lo scaldabagno nuovo (termos) ma è ammaccato, escono e tornano con un altro. Io vado a fare la spesa, torno e mi stanno aggiustando il bagno. Mi dicono:

Guarda, la chiave centrale dell'acqua non chiude Per cambiarti i pezzi abbiamo fatto il bagno. Ma peggio ancora, se qualcosa ti perde acqua o si rompe te non sai come bloccarla, inondi l'appartamento e i vicini. E devi andare a chiude l'acqua centrare del palazzo (finca). Dillo alla proprietaria che va cambiato. Noi qua abbiamo finito, ti stringo un tubo in bagno e andiamo via!”

CRACK!!!!

Il tubo marcio si rompe. L'acqua comincia ad uscire a secchi (cubos), io e l'assistente ci sbatteziamo a seccare il bagno con il mocho e i cenci. L'altro è sotto il lavandino in costume da bagno. La perdita è fermata, chiamo la proprietaria, mercoledì prossimo saranno nuovamente da me.

Dimenticavo: Jana non si ancora trasferita. Lo farà durante le mie ferie. Intanto mi ha portato la sua topolina Patri. Si ricomincia: animali per la casa.




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VIAGGI PRE-FERIALI n°1 - Migrazione moto e Barcellona




In questo periodo mi sono fatto dei piccoli viaggi di pochi giorni. La scelta del mese non è stata certo la migliore. Infatti si sono accavallati i viaggi, gli esami e il trasloco con relativi nervosismi e stress. Agli occhi dei miei lettori sembrerà una totale mancanza di organizzazione, in realtà è la conseguenza di un eccessiva organizzazione anticipata su una presenza parziale di informazioni. E' mia abitudine comprare i biglietti mesi prima così da risparmiare sul costo del viaggio. Però questo prevede una totale conoscenza dei tempi e dei fatti che si verranno a creare durante la mia assenza, altrimenti si avranno delle brutte sorprese. Eccoci dunque al punto: credevo di avere gli esami senza date fisse e ristrette nei giorni fra giugno e luglio . Invece, si è rivelato il contrario quando già avevo i biglietti in mano. Quindi ho dovuto correre per rispettare gli impegni, sfruttare ogni minuto libero per i doveri con la conseguenza di non godermi pienamente i viaggi fatti.

Valencia è una città che si gira bene in bicicletta: di grandezza media, con grandi marciapiedi, piste ciclabili e totalmente piana. Grazie all'abitudine consolidata e alle brevi distanze da percorrere, in questi primi mesi di migrazione, la bici è stata il mio mezzo locomotore. Però un pensiero cominciava a girarmi per la testa: “Ma il mio cavallo alato come starà? No, non posso lasciare il mio Pegaso solo chiuso in garage in questi luminosi mesi estivi “ Quindi ho preso la decisione: la mia moto mi raggiungerà. E arriveremo in nave.

Finiti i corsi di dottorato all'università di Valencia, torno in Italia in aereo. Sto qualche giorni in famiglia e dal meccanico per i controlli alla moto (grazie Pancho per l'aiuto). Poi, mercoledì 24 notte, mi imbarco a Livorno. Destinazione Barcelona. Si, Barcellona, perché l'unico collegamento dall'Italia per Valencia parte da Salerno. A Barcellona arrivano traghetti da Genova, Livorno e Civitavecchia. Viaggio su un mezzo abbastanza grande della Grimaldi. A bordo ci sono già alcune scolaresche di studenti spagnoli. Nel tragitto, non mi disturberanno troppo. Mi sistemo nel salone (avevo comprato solo il passaggio ponte) con panini di mamma, e computer. Ovviamente avevo dimenticato il necessario per la notte. Subito conosco un motociclista pisano, mi informa che parte per un tour spagnolo: sbarcato, aspetterà un amico da Valencia, dopo qualche giorno a Barcelona, gireranno la Spagna. Il viaggio previsto è di 20 ore che però passano bene grazie al mare tranquillissimo (forza lago), i compiti da fare al PC e alcune ore di sonno scomodo (dormendo con la giacca della moto per il fresco). Al porto di Barcelona la triste notizia: l'amico del pisano è ritardo da Valencia causa nubifragio. Bene, sfuma l'idea di viaggiare per la notte verso Valenzia. Piano B: chiedo ospitalità a i colleghi di corso che abitano a Barcelona. Ospitalità concessa.









Così, sbarcato, accompagno il collega motociclista al Ostello BNC (ci perdiamo un ora per le strade) e poi mi dirigo da Ruben. Il giorno dopo il mio amico mi suggerisce: “Io vado in laboratorio, perché non ti fai un giro in moto per Barna, tipo a Montjuic nella zona olimpica?”.

Presto detto, sono in sella per le strade della collina al lato del porto. Giro tranquillo, mi guardo il paesaggio e mi godo la moto. Viaggio dietro una delle decine di auto-scuola che percorrono la collina, ma, quando decido di svoltare in una strada e mi fermo ad uno stop, mi affiancano due scooteroni della polizia.

Polizia: “Buongiorno, lei ha la patente (carnet de conducir)?”

Io: “Si, certo”

P: “Ok, ma lei non conosce i segnali stradali!”

I: “Come scusi?”

P: “Si, lei è in una strada di divieto d'accesso segnalata da sei (6!) cartelli !”

I: “Una strada vietata? Segnalata da 6 cartelli? Mi scusi, ma fino ad adesso ero dietro ad un'auto-scuola e non mi sono accorto di niente”

P: “E' da molto che la seguiamo [cazzata gigante, ndr] e abbiamo visto tutto, quindi adesso esca da qua, scenda e se ci prende in giro la denunciamo”

I: “Ah, no no, scendo scendo, per di qua? Ma questa la posso percorrere?”

P: “Non faccia il simpatico, stia attento e sene vada”

I: “Hasta Luego

P: “Adios

Impaurito e con la coda fra le gambe, scendo rapidamente al porto, mi percorro le vie “reali”, arrivo a Barceloneta , mi fermo alla piscina a vedere se c'è qualcuno che si allena. Nessuno, mi prendo una birra sulla spiaggia e ritorno a casa.

Barcellona: molto carina d'estate (d'inverno piove spesso), si gira bene in moto e , forse in bici. Cittadinalmente vale di più di Valenzia.

Il giorno dopo parto alla volta di Valenzia. Viaggio di 3 ore e mezzo sotto il sole del pomeriggio, ultra tranquillo grazie alle strade drittissime. La moto arriva con l'acqua in ebolizione.



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martedì 10 marzo 2009

SALUTE - Seconda parte: igiene personale e battaglie campali.

Bene, vi ho informato sulla sanità spagnola, adesso passiamo all'igiene personale. Inizio subito dallo scoglio duro (da digerire), per passare poi una classica caduta dalle nuvole.

Il giorno in cui sono entrato in questo appartamento condiviso (piso compartido) vengo subito avvisato dalla mia compañera Edurne di stare attento alle cucarachas (piattole). Nel caso ne avessi incontrata una, non avrei dovuto pestarla; ma ucciderla con l'insetticida. Questo per evitare che le altre piattole vengano attratte dal odore dell'amica morta. Ovviamente, non avendo mai avuto problemi con le piattole, prendo in giro la mia amica cominciando a canticchiare la famosa canzoncina (testo).

L'avvertimento era un pò anticipato, infatti per tutto l'inverno non ne troviamo; però, appena inizia il calore primaverile, le uova si schiudono e....

Mi sveglio un mattina a pancia in giù. Dal letto, senza occhiali, noto una vaga macchia marrone sul pavimento. Che curioso: ieri notte non c'era. Chiudo e riapro gli occhi, la macchia sembra muoversi. Sbatto ancora gli occhi, la macchia non c'è più. Spengo la sveglia. Riguardo per terra. Rieccola. Mi metto gli occhiali. E' una piattola di mezzo chilo. Poco prima mi era sparita, perché è marrone come alcune mattonelle di camera. So che non posso ucciderla con una ciabattata, quindi mi dirigo a cercare un insetticida. Torno con l'insetticida, ma lei non c'è più, la cerco pure sotto il letto fra le valigie. Non la trovo, vado a fare colazione; quando torno è lì nuovamente. A quel punto con l'insetticida già sul tavolo la faccio fuori, e lei soffre le pene della morte chimica

Gli incontri si susseguono.
Ero in bagno, noto una strana macchia fra il pavimento e il muro. Dico: "Ostia puta (porca puttana), otra cucaracha!" La tipa però mi sente, e offesa, comincia a rincorrermi. Io la evito per non pestarla (NON STIACCIARE, MA INTOSSICARE) ma quella continua imperterrita a cercarmi. Con due balzi successivi, riesco fortunatamente a guadagnare la porta e a chiuderla dentro. Uscito dal bagno, batto alla porta del mio compañero d'appartamento: "Esci, abbiamo una altra piattola".
Appena detto, passo per il corridoio per raggiungere gli insetticidi, quando incrocio lo sguardo con un altro piattolone. "Cazzo è stasera", penso. Questa volta la piattola ha paura, si ferma e si nasconde nel ombra. Prendo le bombellette di insetticida, torno indietro, noto che la seconda è sempre dove l'avevo lasciata, bene. Incuriosito il mio amico (Pierre) esce dalla stanza, lo assalgo porgendoli una bomboletta, "ci sono due piattole, quella grossa è tua", risponde "Joder (cazzo)!". Lo lascio alla sua missione, io rientro nel bagno. La piattola non c'è; "Si nasconde nell'oscurità", penso. Infatti, è dietro al cesso. Mi vede e mi riattacca, ma stavolta sono armato. Le sparo diretto in faccia senza esitazione. La bestia, nel pieno della avanzata, non si ferma alle prime ferite, e continua ad avanzare. Ed io non fermo la mia scarica di gas. A quel punto sopraffatta, devia di lato. Ma la tossina comincia a funzionare. Nella corsa per fuggirmi comincia a perdere l'uso delle zampe, fino a che si rigira sul dorso e comincia a mulinellare inutilmente le zampette per l'aria. La lascio morire in pace, esco dal bagno.
Molto meno coraggiosa, la piattolona si è messa nel angolo. Accucciato davanti a lei, il mio amico sta tentando di ucciderla con il solo spruzzo della bomboletta. Lo fermo, "basta, ora muore, poi l'insetticida costa!". Quando l'ho presa per buttarla nel cestino ancora gli tremava una zampina (patita).

Ovviamente, l'invasione non risparmia gli ambiente pubblici. La piscina del UPV è sotto assedio.
Mi è capitato di vederne 5 nello spogliatoio (vestuario) e spesso, ci divertiamo a giocare ai BayWatch mentre affogano nel acqua della piscina.

Mi sono documentato ed ho scoperto che sono arrivate in Spagna attraverso il porto di Barcellona. Trovando un ambiente simile a quello centroamericano d'origine, si sono espanse in tutta la penisola iberica. Per il momento i Pirenei e il meteo hanno salvato il resto dell'Europa.





Passiamo alla caduta dalle nuvole.
A natale, mi sono fatto regalare dalla mia ragazza uno spazzolino elettrico. Questo monta una batteria ricaricabile performante, ma di breve durata. Nelle istruzioni c'è scritto che ogni tanto bisognerebbe far scaricare completamente la batteria. Beh, una volta l'ho fatto, ma quando ho ripreso lo spazzolino (cepillo)dal caricabatteria questo non partiva. Ho passato una settimana a tentare di farlo funzionare. Poi, scoraggiato, ho chiamto il servizio assistenza che mi ha indicato un officina (taller) in Valencia. Quando ho spiegato al tecnico il problema, questi mi ha a guardato e mi ha detto:
"Ma lei, lo spazzolino, lo pone a caricare acceso o spento ?"
"Eh?"
"Si, perché se lo carica acceso, lui contemporaneamente si scarica."
"Ah, boh, no sé"
Allora lui preme sul pulsante di spegnimento dello spazzolino, e lo lascia 30 sec sul caricatteria. Quando lo riaccendo parte.
Io casco delle nuvole. "Wow, es verdad! Que tonto!"
Insomma, per farlo scaricare l'avevo lasciato acceso, e nelle volte che l'avevo preso in mano non l'avevo mai spento, quindi mai caricato.

Ricordate: spegnete gli spazzolini elettrici, altrimenti non si ricaricano.

Ciao




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lunedì 9 marzo 2009

SALUTE - Prima parte: la sanità spagnola




E'passato del tempo dalla mia migrazione; posso così informare i miei lettori sulle scoperte da me fatte riguardo al paese che mi ospita

Pochi giorni dopo il mio arrivo a Valencia, mi giunge a casa una busta della Adeslas. Dentro trovo una tessera (tarjeta) dorata con incisi il mio nome e la mia professione di borsista (becario) dell'Università Politecnica.
Domando ai miei compagni di lavoro cosa fosse questa tessera. Mi spiegano che quella che ho in mano è la tessera di una compagnia di assistenza sanitaria privata, la Adeslas.

La spagna possiede una politica sanitaria mista, ovvero, ci sono delle compagnie private che offrono dei servizi complementari sotto abbonamento annuo. Questi servizi si collocano nelle situazioni dove la sanità pubblica offre meno soddisfazione: liste di attesa di pochi giorni per le visite specilistiche e le anilisi, grande attenzioni al cliente, ospedalizzazione migliore, ecc...

L'università dove lavoro ha stipulato un abbonamento completo (gold, come la tessera) per tutti i ricercatori da lei contrattati. Poiché sono uno di questi, anche io ho diritto ai miei servizi d'assistenza. In sostanza, mi hanno fornito un libro di nomi dei medici (cuadro medico) da contattare per fissare gli appuntamenti e le analisi. Ovviamente è tutto gratis, tranne nei casi dove c'è una piccola franchigia.

Fortunatamente, non ho avuto ancora modo di sperimentare nessuno dei servizi medici.
Invece, ho colto la palla al balzo per il servizio dentistico di pulizia orale. Anche se, ritornato in laboratorio dopo il dentista, mi hanno informato che anche l'università offre a tutti i suoi studenti la pulizia dentale gratuita presso i suoi laboratori odontoiatrici e infermieristici.

Anche del servizio sanitario pubblico posso dirvi poco (ari-fortunatamente). Sono stato solo pochi minuti al ospedale di Alicante a prendere del ghiaccio per la mia spalla pallanuotistica e per un occhio tumefatto di un compagno di squadra. In questa breve visita ho notato che le strutture sono nuove e ben equipaggiate.

Alla prossima puntata sulla sanità...personale.


ps) Se voi non avete tutte queste facilities dentali, potrete sempre provare il servizio offerto in Ungheria, come ha sperimentato Gustavo.

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lunedì 2 marzo 2009

PESCI E PESCATO


Sono un blogger pessimo. Sono due mesi che non pubblico un post. Mi sono ricordato di avere un blog quando ho tentato di leggere una incomprensibile discussione sulla filosofia bloggista . Spronato da questa incompleta lettura, mi sono promesso di scrive qualcosa, spesso, anche ti poco spessore. Ma, comunque, qualcosa.

Mi sono anche trasferito qua perché Valencia è una città di mare. E adesso, me ne approfitto. Infatti ormai ho preso l'abitudine a cucinarmi il pesce. Per molti italiani, compreso me, il pesce è un piatto speciale. Non ordinario. La negazione della sua abitudinarietà la fa il prezzo: da noi è un piatto costoso. La mia soluzione personale per questa leccornia era, in Italia, la pesca diretta. Soluzione che spesso guidava anche le scelte delle vacanze estive.

Invece, in Valencia, ma in generale in tutta la Spagna, il pescato (pescado) ha lo stesso prezzo della carne. Lo si può trovare nel supermercati, ma io preferisco comprarlo al mercato centrale del Cabanyal. Al mercato, il prezzo è più alto; ma ho ricosciuto meno presente la presenza di pesce allevato. Il costo inoltre non è un limite. Infatti al mercato si può contrattare il prezzo, mentre al supermercato il commesso non può aiutarti. Il trucco sta nel andarci poco prima dell'orario di chiusura del sabato. A quest'ora i banchi svenderanno il pesce poiché non lo potranno rivendere il lunedì. Il metodo è molto semplice: arrivo verso le 14:00 (il mercato chiude alle 14:30), mi aggiro fra i banci, mentre i pescivendoli cominciano a riporre l'invenduto nelle cassette si polistirolo, quando trovo quello che gradisco, mi avvicino con fare curioso aggiungendo un pò di furia. A questo punto, chiedo l'offerta, o la faccio io. Così, mi sono portato a casa:
  • per 15€, 5 orate da porzione;
  • per 4€ un kilo di cannolicchi (o coltellacci, navajas);
  • con 4€ una orata (dorada) di 600gr;
  • fette di tonno a 0,90€;
  • con 10€ una sogliola (lenguado) di circa 1Kg;
  • con 10€ , una spigola (lubina) e una orata.

Tutti cucinati al forno, tranne i cannolicchi con cui ho fatto gli spaghetti.

Pensavo che i pesci per essere venduti a questi prezzi dovessero provenire da acquacultura. Invece, la mia conoscenza delle forme del selvatico mi indica precisamente che era pesce pescato. Alla fine è arrivata la conferma grazie a pesci citati nell'ultimo esempio (e nella foto, con una sirena). Il sabato che li ho comprati mi sono scordato di farmeli pulire. Quando ho preso in mano i pesci per sbuzzarli, ho trovato in bocca della spigola una piccola gallinella. Questo prova che il pesce è stato pescato. O meglio, è stato pescato mentre stava mangiando.

Come detto sopra, anche le catene di supermercati hanno il banco del pesce (pescaderia). O meglio, il banco del pesce si trova in tutti i negozi, mentre il banco della carne (carnicaría) solo in alcuni (che curioso, da noi è l'inverso). Al supermercato il prezzo è più basso che al mercato, ma il pesce è spesso proveniente da acquacultura. Non ci sono contrattazioni sul prezzo. Ma alla catena Consum, dopo le 19 del mercoledì e del venerdì, fanno lo sconto del 50%.

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martedì 23 dicembre 2008

UNA NARDATA SPAGNOLA -Quella del secondo post sulla UPV WATERPOLO

Mi è stata richiesta la spiegazione di una mia Nardata spagnola.
La Nardata in questione si è svolta così.

La 3°partita a cui avrei partecipato si sarebbe dovuta tenere il sabato come da calendario. Si trattava di giocare contro il Turia, la squadra più forte del girone. Poiché il mio tutto-allenatore-portiere-capitano proviene dal quella, e poiché la federazione lo permette, il Turia ha pensato bene di spostare a suo piacimento la data della partita. Ha preteso di spostarla dal sabato al giovedì sera. Il ritrovo per la partenza era fissato alle ore 19:30.

Quel giorno io esco da lavoro e mi dirigo direttamente al ritrovo (la piscina dista 100metri dal laboratorio). Non avevo però l'attrezzatura per entrare in acqua. Dico ai ragazzi che vado a casa a prendere la roba e che mi facciano sapere se devo tornare o se devo aspettarli a casa. Durante il tragitto mi chiamano: "Ti veniamo a prendere noi. Fra 10 minuti arriviamo, ti facciamo uno squillo (perdida), così scendi". In casa, mi faccio lo zaino, mangio due cose e aspetto. Guardo il cellulare: niente. Nel attesa mi faccio un pisolino. Dopo 10 minuti riguardo il cell: niente. Dopo altri 10 riguardo il cell: OSTIA PUTA, ma segna (marca) la stessa ora di prima.

Insomma, si era bloccato il cell. Per sbloccarlo ho dovuto togliere la batteria. Ho richiamato. Era tardi, nessuno rispondeva.

Il lunedì dopo sono stato bersagliato di domande. Oltre a chiamarmi, i poveretti mi avevano anche cercato suonando a caso fra i campanelli.

Mi rammarico perché ho fatto una secca figura di merda e la partita è stata persa di soli 5 goals. Se c'ero anche io ce la potevamo giocare meglio.

Invece, il cell in questione sta per tirare la corda. Dopo 2 mesi di lavoro, all'accensione segna errore. Non legge e ne manda SMS. Ora capisco perché l'ho pagato 5€ (29€ con 24 di traffico). Oggi rimpatrio, al ritorno me lo faccio cambiare.

Ah, ovviamente ci sono altre Nardate spagnole, ma le riservo per altri racconti o le celerò per sempre.

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