lunedì 15 dicembre 2008

La mia unica riforestazione

Si, unica. Perché è stata così noiosa che sarà l'unica fatta in tutta la mia vita.

Nei giorni scorsi avevo letto l'annuncio di questa riforestazione nelle bacheche dell'università. Non sapendo cosa fare in questo fine settimana, mi sono inscritto.
Inoltre, una bella gita fuori porta non mi avrebbe certamente fatto del male. Anzi, avrebbe sostituito l'aria malsana nei mie polmoni di chimico con una profumata di bosco.

Nei giorni antecedenti questo sabato, l'organizzatore invia un email ai partecipanti. Ci illustra l'itinerario, il programma, il meteo previsto e ci avverte: siamo in montagna, farà freddo, al massimo 10°C. Le mie aspettative si facevano meno rosee.

Bene, sabato mattina parto attrezzato con il meglio che il mio arido armadio possa offrirmi: pantaloni pesanti, fida canottiera di lana, maglione collo alto e cappotto di pelle. Unico neo, le scarpe. Ho solo quelle da ginnastica, per di più basse. Ma non posso farci niente, calzo per rimediare due paia di calzini di cotone. Questa necessità non mi turba molto, porto altezzosamente due sacchetti di plastica pensando di avere del tempo libero per girare il bosco in cerca di castagne e funghi.

Partenza alle 8:30, 7°C. Non fa poi tanto freddo. Dopo un ora e mezzo di dormita in autobus, arriviamo a Titaguas. Un altopiano a 1000 metri s.l.m. a 90km da Valencia.
Ci fermiamo in un bar per aspettare gli ultimi arrivi. Infatti, partecipano insieme a noi anche un altro campus universitario più alcune famiglie con bambini.

Saliamo tutti su un autobus e usciamo dal paese seguendo la jeep che ci porterà sul luogo delle riforestazione. Subito si rivela la prima delusione: la vegetazione è una merda. E cresce su un terreno di merda. Infatti le colline intorno sono tutte roccia e sassi (stile Sardegna o Sicilia) e i boschi non sono altro che isolate macchie di bassi pini. Svanisce subito la mia fantasia di fare castagne e funghi.

L'autobus abbandona la strada asfaltata per percorrere alcuni chilometri di sterrata. Adesso il termometro di bordo segna 1°C. Ci fermiamo e scendiamo. C'è vento, ma continuo a non avere freddo. Il capello e i guanti mi proteggono bene. Partiamo alla volta del luogo predestinato. E qua arrivano i primi dolori. Infatti, i più sono calzano scarpe da trekking, mentre io percepisco molto bene le due punte dei sassi che passano sotto le mie scarpette da ginnastica.

Appena giunti nel boschetto, ci spiegano come impiantare i piccoli arbusti destinati alla ripopolazione. Lì comincio a sentire il primo freddo. Le punte dei piedi cominciano a congelarsi. Inizio subito a piantare. Fortunatamente, il terreno era stato in precedenza trivellato con una macchina. Altrimenti, sarebbe stato molto duro scavare in un terreno sassoso e gelato. Dopo 10 piantine affidate alla terra, mi sono già rotto le scatole. Ma continuo a lavorare per non sentire il freddo. In 2 ore e mezzo di noia mortale (ma come farà mio padre nel orto?) pianto 35 piantine.
Mentre riporto gli attrezzi a posto penso che adesso andremo via. Invece no, dobbiamo fare una giro e vedere il panorama. Maledico il freddo e i vestiti tecnici che non ho e seguo il gruppo.

Però non tutto il male vien per nuocere. Durante il percorso, incontriamo un cacciatore. Ho sempre sentito parlare male dei cacciatori spagnoli: dei loro barbari metodi di addestramento e di vendetta se il cane non ripaga bene il cibo sprecato per sfamarlo. Ho il nonno cacciatore, quindi non credevo molto a ciò che si sente dire sui loro conti. Ma sono stato smentito. Infatti, il cacciatore è seguito da tre cani di una razza a me sconosciuta. Un incrocio fra un lupo e il dingo australiano. Tutti i cani hanno pesanti catene al collo e uno è drammaticamente secco (ATTENZIONE, tipo cachessia). Sicuramente non mangia da molto. L'affameranno per farlo cacciare meglio o perché impari a cacciare. Ma lo scheletro di cane avverte subito la presenza dei panini nel mio zaino; e non vuole più seguire il padrone. Il quale se ne accorge e cerca di prenderlo; ma lui sfugge ripetutamente. I miei panini sono l'unica cosa che gli interessa. Voglio far finire questa macabra scena: mi avvicino io al padrone e alla gabbie. Il cane viene preso e rinchiuso.

Accelero il passo per raggiungere il gruppo. Arriviamo in uno spiazzo dove si vede tutta la valle. Foto di rito e partiamo alla volta del pullman. Impreco un pò per la scesa dolorosa con i miei piedi infreddoliti fino al caldo autobus. Non andiamo a pranzo al caldo. Ma in un cortile di una chiesa battuta dal vento. Un freddo boia, non potevo mangiare seduto. Ho dovuto masticare i miei duri panini passeggiando altrimenti mi si ghiacciavano i piedi. Che alla fine si sono ghiacciati quando mi sono fermato a mangiare i biscotti furbamente offerti da un fornaio. Infatti, quando siamo scesi al paese ci siamo prima fermati in un bar per riprendersi, poi siamo finiti al forno per far comprare i biscotti alle ragazze entusiaste di tanta bontà.

Conclusioni a fine giornata:
- Ho patito un freddo polare ai piedi;
- Anche se doppi, i calzini di cotone contro il freddo fanno come il cazzo alle vecchie;
- Piantare a ripetizione mi annoia a morte;
- Ho comunque respirato un pò di aria buona andando in montagna e viaggiando gratis;
- Alla partenza c'era un gruppo di universitari pescatori armati di canne a spinning. I prossimi weekend so cosa fare;
- Qualche foto.

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7 commenti:

  1. Ciao Giacomo, mi fa piacere ti integri :)

    Certo che a dicembre fare una riforestazione... ci credo che è freddo... vuol dire che quanto torni a casa ti prendi un qualche paio di scarpe un pò più invernali...
    Mi raccomando la prossima volta scegliti una escursione più interessante!!
    Ciao!

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  2. Eh certo che mi integro. Non sono mica come e^x :)

    Gli impianti, le potature e gli innesti si fanno sempre nei mesi freddi. Perchè le piante sono in letargo (basso metabolismo) così subiscono meno il cambio repentino.

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  3. Ciao!! Ho visto il tuo blog per caso!! Mi chiamo Elisa e studio biologia, una volta laureata vorrei trasferirmi in Spagna, vorrei sapere come ti trovi e quanto secondo te è difficile trovare lavoro lì!!
    Ti do la mia mail: bettyelymar@hotmail.com

    Eli

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  4. l'unica cosa che mi viene in mente è l'assoluta pena nei confronti di quel cane....il resto caro giacomo sono solo sciocchezze messe a paragone. da valentina da palermo,sai quella città della sicilia ke ha la terra di merda da coltivare....mi spiace cmq disilluderti dicendoti ke nn è assolutamente vero. la mia terra è meravigliosa. te lo dico xkè vivo in montagna e coltivare è abbastanza facile e ciò ke ne viene fuori sono prodotti davvero unici. ciao caro giacomo

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  5. WoW!

    Si vede proprio che non ho la stoffa dello scrittore.
    L'assenza di chiarezza mi ha fatto fraintendere.

    Mi spiego meglio.
    Il paragone con le due isole l'ho usato per immaginare la scarna vegetazione presente.
    Lungi da me il paragone fra le due isole e il letame (anche se "dal letame nascono i fior" [De Andrè]).

    Ho invece molta stima di tutti gli aspetti delle isole in questione. Infatti ho passato lì le ultime due vacanze estive. Dove mi sono ingozzato di tutti i prodotti della terre e del mare. Ovviamente guidato da conoscienze isolani fatti in loco o di vecchia data.

    Il paragone voleva screditare il mio pregiudizio sul bosco. Che si è rilevato assente, e appunto da ripiantare, e completamente sostituito da terreno roccioso e arido (un pò quello sardo e siciliano).

    Ah, caro anonimo. Se mi sai consigliare prodotti della tua meravigliosa terra, mi trovi recettivo.

    Ciao

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