martedì 23 dicembre 2008

UNA NARDATA SPAGNOLA -Quella del secondo post sulla UPV WATERPOLO

Mi è stata richiesta la spiegazione di una mia Nardata spagnola.
La Nardata in questione si è svolta così.

La 3°partita a cui avrei partecipato si sarebbe dovuta tenere il sabato come da calendario. Si trattava di giocare contro il Turia, la squadra più forte del girone. Poiché il mio tutto-allenatore-portiere-capitano proviene dal quella, e poiché la federazione lo permette, il Turia ha pensato bene di spostare a suo piacimento la data della partita. Ha preteso di spostarla dal sabato al giovedì sera. Il ritrovo per la partenza era fissato alle ore 19:30.

Quel giorno io esco da lavoro e mi dirigo direttamente al ritrovo (la piscina dista 100metri dal laboratorio). Non avevo però l'attrezzatura per entrare in acqua. Dico ai ragazzi che vado a casa a prendere la roba e che mi facciano sapere se devo tornare o se devo aspettarli a casa. Durante il tragitto mi chiamano: "Ti veniamo a prendere noi. Fra 10 minuti arriviamo, ti facciamo uno squillo (perdida), così scendi". In casa, mi faccio lo zaino, mangio due cose e aspetto. Guardo il cellulare: niente. Nel attesa mi faccio un pisolino. Dopo 10 minuti riguardo il cell: niente. Dopo altri 10 riguardo il cell: OSTIA PUTA, ma segna (marca) la stessa ora di prima.

Insomma, si era bloccato il cell. Per sbloccarlo ho dovuto togliere la batteria. Ho richiamato. Era tardi, nessuno rispondeva.

Il lunedì dopo sono stato bersagliato di domande. Oltre a chiamarmi, i poveretti mi avevano anche cercato suonando a caso fra i campanelli.

Mi rammarico perché ho fatto una secca figura di merda e la partita è stata persa di soli 5 goals. Se c'ero anche io ce la potevamo giocare meglio.

Invece, il cell in questione sta per tirare la corda. Dopo 2 mesi di lavoro, all'accensione segna errore. Non legge e ne manda SMS. Ora capisco perché l'ho pagato 5€ (29€ con 24 di traffico). Oggi rimpatrio, al ritorno me lo faccio cambiare.

Ah, ovviamente ci sono altre Nardate spagnole, ma le riservo per altri racconti o le celerò per sempre.

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giovedì 18 dicembre 2008

UPV WATERPOLO - seconda parte

Il 23 parto alla volta dell'Italia. E' già stato programmato un allenamento con la mia ex-squadra con cena annessa. Per dare adito è più interesse e togliere qualche semplice curiosità, posto la seconda parte del tema: UPV WATERPOLO.

L'allenatore, primo portiere e capitano. Insomma fa tutto lui. Tipo molto spagnolo (mono rasta) e poco preparato.

Ha evidenti carenze in materia di preparazione fisica e tecnica. Non posso giudicare visto che non sono esperto in materia., ma posso fare confronti con gli allenatori italiani che hanno avuto la sfortuna di allenarmi. Alcune perle sono:

  • “Adesso nuotiamo 2 volte mezzora”

  • “ Nuota per un ora”. Penso: vorrà un lavoro ultra-aerobico. Mi metto a fare 15x200 con 30 sec di riposo ma lui si arrabbia. “Non ti ho detto di fare le serie”

  • Facciamo solo lavoro aerobico. E quando non nuotiamo, facciamo allenamento da portieri.

  • Non allena le boe (bollas) e , di conseguenza, i marcatori di boa. Sostiene la teoria che la boa va marcata da dietro (ma questo, in tutte le squadre che ho visto).

  • Non suggerisce mai una sequenza di gioco. Per fortuna.

  • Nel uomo in più (uno mas) fa difendere a uomo, e all'attacco, saltare un uomo. Ce ne sarebbero altre, ma non le scrivo.

  • La difesa a zona non esiste, manco quando siamo uno mas in difesa.

In compenso, è un ottimo portiere. Ha la stessa efficacia del Cavalieri, ma è MOLTO meno rompi coglioni durante la partita. Ha giocato nel Turia, la squadra più forte della comunitad, e si vede.


Il campionato: giochiamo nella divisione d'honor masculina de la comunitad Valenciana.

Mi spiego meglio: il campionato spagnolo è diviso in nazionale (campionato regio) e regionale. Ognuno è a sua volta diviso in divisione d'honor, primera division e secunda division, tutte monogirone. Insomma ci sono una serie A, una serie A2 e una serie B. Ma, se ci sono circa 20 federazioni locali, ci sono 20 gironi di serie C ( divisione d'honor local), 20 serie D e così via. I vincenti di ogni campionato di serie C partecipano ad un torneo nazionale. I primi 3 vengono promossi in serie B. Tenendo conto che ogni campionato di serie C è formato da circa 10 squadre, si capisce bene che 200 squadre abbassano molto il livello di ogni singola competizione.

Argomento a parte meritano le singole partite. Infatti, il calendario è molto aleatorio. La federazione permette alle singole squadre di comunicare fra loro per rimandare o confermare le partite. In sostanza non giochiamo mai nelle date stabilite dal campionato. La disorganizzazione avanza incontrastata, ma favorisce le partite durante la settimana, che sono molto meno stressanti.


Le altre squadre. Per il momento ho incontrato solo altre due squadre. (In verità, ne avrei dovuta incontrare un terza, ma non ho partecipato per una classica Nardata.) Devo dire: sono piazzati bene. Fanno molta palestra rispetto alla mia squadra. Ma il livello tecnico tattico è simile. Peccato che spesso ci sono dei veterani che danno molto filo da torcere ai miei giovani compagni.

Per rimanere in argomento, ho visto oltre la mia solo la piscina di Alicante. Una pozzanghera. Per contro, la comunale di Arenzano è un mare. Questa è pure alta 1,40m.


L'arbitraggio: strano ma vero: ci sono due arbitri. Che insieme non ne fanno uno bono. Infatti hanno due metri differenti e spesso si sbagliano nei ruoli. Interessante il caso di marcatura della boa. E'consentito trattenere da dietro, ma non anticipare d'avanti.

Personalmente, odiano le mie furbate. In una partita, dopo un fallo ho alzato la mano, l'avversario mi ha tirato a se prendendomi per l'altro braccio e sono stato espulso. Ugualmente, dopo aver preso la palla alla boa avanti, mi pongo d'avanti sotto i bracci di quest'ultima, accentuo una sua trattenuta e vengo espulso per simulazione. Ripeto: il marcatore di boa viene espulso per simulazione nei propri due metri mentre parte in contrattacco.

Stupidamente, ho ottenuto lo stesso risultato anche nella partita precedente. Pensavo di dover fruttare il fatto che gli avversari non alzano mai le mani per discolparsi di una trattenuta. Invece, qua si punisce il contrario.

Inoltre, ci sono i 30 secondi per azione, ma non ci sono i contasecondi. In sostanza, vieni espulso se ti capita di tirare mentre la giuria fischia la fine dell'azione.

Interessante la novità che le squadre in panchina non posso tenere palloni. I palloni vengono cumulati in una ciambella di salvataggio posta sul piano vasca agli angoli estremi del campo. In caso di uscita del pallone, sarà l'arbitro a prendersi l'onere di passarla al portiere.

A inizio partita non ci sono controlli, ne di unghie ne di documenti. Questa sarà una cosa da fruttare con un po' di napoletanità.


IO: la mia bassissima competitività in questo livello pessimo risalta come quella di un campione. Per loro, tiro fortissimo, nuoto velocissimo, sono bravissimo. Peccato che insieme all'altro italiano non basti. Contenere tutti gli errori diventa molto pesante per due soli giocatori.

Capitolo a parte lo merita il mio fisico. Sento la mancanza di un allenamento serio. Inoltre, nel ultimo periodo non ho dato molta importanza agli esercizi di protezione della spalla. E quindi, mi dole talmente tanto che sono pure finito all'ospedale a cercarmi del ghiaccio. In compenso, la squadretta ha il fisioterapista gratis. Dovrò sfruttarlo.

Per la cronaca, sono stato ribattezzato Pepe per la difficoltà di pronunciare il mio nome (la sillaba gia in spagnolo non c'è). Ho evitato di farmi chiamare Nerchio. Mi ricorda la mia vita italiana e voglio distinguere bene le due situazioni. Inoltre, in squadra c'è Sergio, pronunciato cerghio. Mi sarei confuso.

Il giorno prima della partita c'è il foglio della convocazione (selecion). I numeri delle calottine non vengono assegnati. Ognuno sceglie quello che desidera in concordia con i compagni. Come per il soprannome, non cerco il numero 7. Ho scelto il numero 3, e questo ha già alzato polvere fra i miei compatrioti.


A presto, per altri argomenti.



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lunedì 15 dicembre 2008

La mia unica riforestazione

Si, unica. Perché è stata così noiosa che sarà l'unica fatta in tutta la mia vita.

Nei giorni scorsi avevo letto l'annuncio di questa riforestazione nelle bacheche dell'università. Non sapendo cosa fare in questo fine settimana, mi sono inscritto.
Inoltre, una bella gita fuori porta non mi avrebbe certamente fatto del male. Anzi, avrebbe sostituito l'aria malsana nei mie polmoni di chimico con una profumata di bosco.

Nei giorni antecedenti questo sabato, l'organizzatore invia un email ai partecipanti. Ci illustra l'itinerario, il programma, il meteo previsto e ci avverte: siamo in montagna, farà freddo, al massimo 10°C. Le mie aspettative si facevano meno rosee.

Bene, sabato mattina parto attrezzato con il meglio che il mio arido armadio possa offrirmi: pantaloni pesanti, fida canottiera di lana, maglione collo alto e cappotto di pelle. Unico neo, le scarpe. Ho solo quelle da ginnastica, per di più basse. Ma non posso farci niente, calzo per rimediare due paia di calzini di cotone. Questa necessità non mi turba molto, porto altezzosamente due sacchetti di plastica pensando di avere del tempo libero per girare il bosco in cerca di castagne e funghi.

Partenza alle 8:30, 7°C. Non fa poi tanto freddo. Dopo un ora e mezzo di dormita in autobus, arriviamo a Titaguas. Un altopiano a 1000 metri s.l.m. a 90km da Valencia.
Ci fermiamo in un bar per aspettare gli ultimi arrivi. Infatti, partecipano insieme a noi anche un altro campus universitario più alcune famiglie con bambini.

Saliamo tutti su un autobus e usciamo dal paese seguendo la jeep che ci porterà sul luogo delle riforestazione. Subito si rivela la prima delusione: la vegetazione è una merda. E cresce su un terreno di merda. Infatti le colline intorno sono tutte roccia e sassi (stile Sardegna o Sicilia) e i boschi non sono altro che isolate macchie di bassi pini. Svanisce subito la mia fantasia di fare castagne e funghi.

L'autobus abbandona la strada asfaltata per percorrere alcuni chilometri di sterrata. Adesso il termometro di bordo segna 1°C. Ci fermiamo e scendiamo. C'è vento, ma continuo a non avere freddo. Il capello e i guanti mi proteggono bene. Partiamo alla volta del luogo predestinato. E qua arrivano i primi dolori. Infatti, i più sono calzano scarpe da trekking, mentre io percepisco molto bene le due punte dei sassi che passano sotto le mie scarpette da ginnastica.

Appena giunti nel boschetto, ci spiegano come impiantare i piccoli arbusti destinati alla ripopolazione. Lì comincio a sentire il primo freddo. Le punte dei piedi cominciano a congelarsi. Inizio subito a piantare. Fortunatamente, il terreno era stato in precedenza trivellato con una macchina. Altrimenti, sarebbe stato molto duro scavare in un terreno sassoso e gelato. Dopo 10 piantine affidate alla terra, mi sono già rotto le scatole. Ma continuo a lavorare per non sentire il freddo. In 2 ore e mezzo di noia mortale (ma come farà mio padre nel orto?) pianto 35 piantine.
Mentre riporto gli attrezzi a posto penso che adesso andremo via. Invece no, dobbiamo fare una giro e vedere il panorama. Maledico il freddo e i vestiti tecnici che non ho e seguo il gruppo.

Però non tutto il male vien per nuocere. Durante il percorso, incontriamo un cacciatore. Ho sempre sentito parlare male dei cacciatori spagnoli: dei loro barbari metodi di addestramento e di vendetta se il cane non ripaga bene il cibo sprecato per sfamarlo. Ho il nonno cacciatore, quindi non credevo molto a ciò che si sente dire sui loro conti. Ma sono stato smentito. Infatti, il cacciatore è seguito da tre cani di una razza a me sconosciuta. Un incrocio fra un lupo e il dingo australiano. Tutti i cani hanno pesanti catene al collo e uno è drammaticamente secco (ATTENZIONE, tipo cachessia). Sicuramente non mangia da molto. L'affameranno per farlo cacciare meglio o perché impari a cacciare. Ma lo scheletro di cane avverte subito la presenza dei panini nel mio zaino; e non vuole più seguire il padrone. Il quale se ne accorge e cerca di prenderlo; ma lui sfugge ripetutamente. I miei panini sono l'unica cosa che gli interessa. Voglio far finire questa macabra scena: mi avvicino io al padrone e alla gabbie. Il cane viene preso e rinchiuso.

Accelero il passo per raggiungere il gruppo. Arriviamo in uno spiazzo dove si vede tutta la valle. Foto di rito e partiamo alla volta del pullman. Impreco un pò per la scesa dolorosa con i miei piedi infreddoliti fino al caldo autobus. Non andiamo a pranzo al caldo. Ma in un cortile di una chiesa battuta dal vento. Un freddo boia, non potevo mangiare seduto. Ho dovuto masticare i miei duri panini passeggiando altrimenti mi si ghiacciavano i piedi. Che alla fine si sono ghiacciati quando mi sono fermato a mangiare i biscotti furbamente offerti da un fornaio. Infatti, quando siamo scesi al paese ci siamo prima fermati in un bar per riprendersi, poi siamo finiti al forno per far comprare i biscotti alle ragazze entusiaste di tanta bontà.

Conclusioni a fine giornata:
- Ho patito un freddo polare ai piedi;
- Anche se doppi, i calzini di cotone contro il freddo fanno come il cazzo alle vecchie;
- Piantare a ripetizione mi annoia a morte;
- Ho comunque respirato un pò di aria buona andando in montagna e viaggiando gratis;
- Alla partenza c'era un gruppo di universitari pescatori armati di canne a spinning. I prossimi weekend so cosa fare;
- Qualche foto.

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martedì 2 dicembre 2008

UPV WATERPOLO- prima parte.


28 Novembre 2008

Finalmente, ho deciso di iniziare il blog. Da molto avevo un idea, molti amici lo sapevano, spesso ho rimandato per noia e mancanza di tempo. Ma ora ne avrò molto in questo viaggio di andata per Barcellona. Infatti la mia lezzaggine si è presentata di nuovo: ho comprato un biglietto da 22€ per un viaggio da 5 ore, invece che uno da 39 per un viaggio di 3. No pasa nada.

Primo argomento: la waterpolo UPV. Somministrata in pillole. Ovvero, argomenti trattati singolarmente e non tutti in una volta sola.

Per i miei ex-compagni di squadra empolesi argomento più sentito è sapere dove gioco adesso.Bene, vi rispondo subito: nella piscina dietro al mio laboratorio. Infatti ho la fortuna di avere la piscina e tutti gli impianti sportivi a 2 minuti di passeggio da dove lavoro (edificio 6F). Anche se, al momento, non sfrutto molto le possibilità deportive offerte dal Politecnico. Infatti gli sport sono gratis e io mi sono scelto uno a pagamento. Pago l'inscrizione al campionato 35€ e l'allenatore 70€. E non mi hanno ancora dato tutto il completino sportivo dell'università.

La piscina: Profonda 2 metri, lunga 50m, larga una corsia in più di quella interna empolese. Ottima, ma non la sfruttiamo. Infatti giochiamo le partite d'allenamento e quelle di campionato in 25m invece che in 30. Sarebbe un vantaggio, visto le altre squadre hanno delle vasche da bagno, ma per la maggior parte della squadra sarebbe un mare innavigabile.

La squadra: Formata da studenti, ex giocatori, e lavoratori. Annovera fra i suoi adepti 3 italiani (io compreso)e 2 turchi. Gli stranieri alzano molto la bassa competitività di tutta la squadra. Infatti, non avendo il settore giovanile, i giocatori sono gli ex allievi più dotati e veterani della scuola di pallanuoto accademica. La bassa esperienza si sente molto. Fanno errori molto semplici (che non vengono curati) e la tecnica è molto scarsa.

Non abbiamo boe, o meglio, le abbiamo ma fanno piangere. Al punto che, se le marco io non segnano mai. Siamo talmente messi male che l'allenatore ci vieta di passare a boa durante le partite:”Senno la boa dietro ci prende sempre la palla”. Intuendolo, gli avversari marcano a uomo molto stretto e non segniamo più.

Invece, il mancino non è male. Se allenato potrebbe giocare nel campionato italiano. Però, la volontà di migliorare ai giocatori non manca. Forse manca all'allenatore. Infatti i ragazzi sono molto interessati e assidui. Si impegnano e fanno poco schiamazzo. Peccato che ci alleniamo soltanto 4 volte la settimana per un ora.


Alla prossima puntata.






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giovedì 6 novembre 2008

Eccoci qua, disponibili per tutta la rete

Dopo un cambio di vita, e un sondaggio, ho finalmente deciso di mantenere un mio Blog.

Come ogni buon emigrato, non posso escludermi dai doveri che mi impongono di dare notizie mie, e del paese che mi ospita, ai miei compatrioti rimasti in Italia. Quindi, con l'esempio del buon Gus, mi accingerò ad invadere gli amici e i lettori delle mie:
-osservazioni,
-notizie,
-lamentele,
-gioie,
-dolori,
-ecc...

che subisco in questo ospitale paese chiamato...SPAGNA!!!

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